Home Home restaurant, un’importante sentenza del tribunale di Pisa in linea con l’orientamento del Sistema Fipe

Home restaurant, un’importante sentenza del tribunale di Pisa in linea con l’orientamento del Sistema Fipe



Fipe - la Federazione nazionale dei pubblici esercizi che fa parte del Sistema Confcommercio – rende noto come lo scorso 8 aprile sia stata pubblicata la sentenza n. 492/2024 di secondo grado del tribunale di Pisa, le cui motivazioni siano perfettamente in linea con l’orientamento della Federazione in materia di home restaurant.


Un orientamento secondo il quale tali esercizi sono attività di somministrazione di alimenti e bevande e, per garantire un corretto funzionamento del mercato e la sicurezza dei consumatori, debbano sottostare al medesimo trattamento normativo dei pubblici eserciai. La vicenda nasceva dall’ordinanza di ingiunzione che il Comune di Montopoli in Valdarno aveva adottato nei confronti di un home restaurant per aver esercitato attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico in assenza della necessaria Scia e, quindi, in violazione dell’art. 43 della legge regionale Toscana n. 28/2005 (tale legge risulta oggi abrogata ma - in attuazione dell’art. 64, comma 1, del decreto legislativo n. 59/2010 – il medesimo obbligo è altresì previsto a legislazione vigente dall’art. 50 della legge regionale Toscana n. 62/2018). A seguito del ricorso promosso dal titolare dell’attività, il giudice di pace di San Miniato con sentenza n. 139/2019 aveva annullato la sanzione comminata dal Comune, affermando che non fosse stata prodotta prova del carattere pubblico dell’attività e, quindi, non potesse trovare applicazione l’obbligo di Scia. Fipe aveva a suo tempo espresso forti critiche al riguardo e commentato positivamente la decisione del Comune di ricorrere in appello. Con la sentenza del tribunale di Pisa, in riforma della pronuncia di primo grado, è stata confermata la correttezza dell’operato del Comune e ribadita la necessità di Scia anche per chi svolge dietro corrispettivo l’attività di somministrazione di alimenti e bevande in una casa privata.


Risulta interessante – sottolinea Fipe Italia - come l’autorità giudicante riconosca un rapporto di genus a species: sebbene l’attività di home restaurant presenti difformità quantitative (offerta saltuaria, rivolta a un minor numero di persone) rispetto al genus ristorazione, i profili caratterizzanti della prima (offerta al pubblico, pagamento di un corrispettivo) sono tipici dell’attività di somministrazione e quindi idonei a consentirne l’assimilazione dal punto di vista normativo. Nel caso di specie, in particolare, l’attività era stata ampiamente pubblicizzata sui social network e l’offerta, così come l’accesso al servizio, erano rivolti a un pubblico indistinto, esattamente come un pubblico esercizio. In sintesi, considerato che la normativa (regionale e nazionale) qualifica la somministrazione come vendita per il consumo sul posto “che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico” (art. 1, Legge n. 287/1991) essa è idonea a includere anche l’esercizio di home restaurant.


Giova ricordare che anche il Consiglio di Stato si sia recentemente pronunciato sul tema in argomento (sentenza n. 02437/2023) affermando espressamente che l’attività di home restaurant rientri a pieno titolo nel concetto di somministrazione di alimenti e bevande di cui all’art. 1 della Legge n. 287/1991.